STANOTTE LA LUNA NEL CIELO - LUI

Plenilunio
Le stelle intorno alla bella luna subito
nascondono il volto luminoso
essendosi riempita massimamente
risplende su tutta la terra
Saffo

Piove. Non penso niente. Non vorrei neanche uscire. Sabato sera. Uguale. Diverso. Un sabato sera. L’ultima sera dell’anno. Potrei stare qui o ovunque. In qualsiasi altro posto. Sto assorto nel mio silenzio. Guardo fuori dalla finestra, conto le luci accese sul mare. MI perdo nell’universo dei miei pensieri. Mi alzo e vado verso lo specchio, lì c’è un uomo che mi guarda. Non lo conosco, non so chi sia. Dall’apparenza, dal suo aspetto e’ un giovane uomo. Non sono io. Non sono giovane. La mia giovinezza è già vecchiaia. Torno alla finestra, riconosco quei luoghi, sono quelli della mia nascita. La mia città è quella della mia residenza. Nascere nella mia città. Nascere è cancellare ogni speranza amniotica di salvezza, mi sussurro. Nascere è appartenenza. Io sono libero. Libero dentro il mio liquido amniotico che avvolge la mia giovane vecchiaia. Il telefono squilla, lascio che sia la segreteria a dare un mio messaggio. C’è una voce, mi chiede che intenzioni ho per stasera. “ Dove sei? Sei lì? Rispondimi. Ti sto aspettando.” Mi alzo e inizio a prepararmi. Esco perché devo andare, vado lungo la strada, senza una meta. Vago cercando di dimostrare che so quale è la mia meta, fingo a me stesso una conoscenza che non mi appartiene. Ascolto la tua voce sulla segreteria di nuovo. Vorrei ignorarla. E’ l’ultimo giorno dell’anno. Mi stai aspettando. Passo a prenderti senza gioia, senza interesse. Sei tu …Mi chiedo chi sei. Alzo a coda i miei riccioli e mi infilo i pantaloni più comodi che ho. Guardo il cielo, un cielo con la luna decrescente. Accanto a lei si innalzano nel cielo i primi giochi di fuoco. Luna decrescente. “Corda, come rami di rampicante, come navi alla deriva, come sassi bianchi evanescenti. Orizzonti lontani, in una notte di luna calante.” Non c’è mai una sola via per raggiungere la verità, il bisogno di conoscere la realtà dalle mie origini mi ha portato lontano, al mare, lontano di più sino a dove avrei potuto guardare me stesso e scoprire che il mio io è nato e rinato almeno un migliaio di volte dal primo vagito. Sarei dovuto andare oltre lo specchio, senza paure. Ti ho incontrata in discoteca, abbronzata e distante. Sei andata via all’una, senza salutarmi. Sei uscita dalla grande porta a specchio, mi hai lasciato con il tuo sguardo deluso. Un’altra sera sprecata, al di là di ogni comprensione. Hai camminato verso il mare. Ti sei sentita alternativa e giusta. Cosa vuol dire giusta? Cos’è quel tuo innato senso di giustizia, cos’è adesso questa maledetta voglia di partire, di lasciare il mare, di lasciarmi? Ho cercato la luna. Ti ho accompagnata per tutta la marina. Non ho potuto oltre. Nel buio di una notte senza luna. Vorrei essere “Corda, come rami di rampicante, come navi alla deriva, come sassi bianchi evanescenti, solo orizzonti lontani in una notte di luna nera.”
Cammino dentro l’acqua, i piedi si bagnano come i calzoni, arrotolati alla pescatora. I sandali li ho abbandonati, più in su. Persi dietro la barca, quella grande, la più forte. Ha un nome. Il tuo nome. La mia risata possente. Il mio schermirti per il tuo camminare scalza tra le case dei pescatori, per non disturbare, per non svegliarli. Nella mia stanza stavamo distesi sul letto. Il mio cappello sui tuoi occhi. La mia risata fino in fondo al cortile. L’ultima battuta della serata. Ti accompagno a casa tua. Provo a darti un bacio. Ti tengo stretta. Il mio braccio sui tuoi fianchi. Siamo avvitati. Ti allontani. Infastidita. Avresti voglia di una sigaretta. Silenzio. Sento un nodo in gola. Mi riprendo con spavalderia. “Vorrà dire che mi iscriverò in palestra…” Ti lascio le mani. Richiudo lo sportello dal lato in cui sei scesa. Salgo in macchina. Accendo la radio. Torno nella mia stanza. L’atmosfera di malinconia mi prende, invade le membra. Le ombre delle lampade si muovono dietro le tende, mosse dal vento. Vento azzurro come il mare. La mia anima è fragile, confusa. La risata è spenta, spinta oltre il cortile. Non ti amo. E’ solo la rabbia. Non ti chiamo. Rido. Ti chiamo. Non rispondi. Rivedo il tuo sguardo, sempre più distaccato, perso nel vuoto. Potrei correre da te. Correre nella notte. Sono al portone. La luna è alta nel cielo. E’ luna crescente. Mi immobilizzo. “Corda, come rami di rampicante, come navi alla deriva, come sassi bianchi evanescenti, orizzonti lontani, in una notte di luna crescente”. Sono tornato ogni sera sulla terrazza che si affaccia sul mare. Ho pensato a te. Non subito. Con il passare dei giorni. Avrei voluto per te la realizzazione dei tuoi desideri. Trascorrevo qualche decina di minuti ad osservare il mare e il cielo fino nel punto in cui si univano. Avrei avuto da raccontarti parole nuove per portarti da me di nuovo. Perdonami, me ne è mancato il coraggio. Ero lì, a leggere e nel fissare l’azzurro mosso dal vento, ero lì e nel voltarmi ti ho vista. Eri come nel mio ricordo, identica ad allora con il tuo incedere lento e sicuro e il tuo sguardo un po’ delusa. Salivi gli ultimi scalini, ti sono venuto incontro. Ho cercato parole che ho solo sussurrato mentre ti portavo verso le mie braccia: “Da quanto tempo è che non ti abbraccio?” Ti ho sollevata da terra, Ti ho baciata. Mi hai baciata. Il mio cuore ti ha detto quello che io non ho mai saputo dirti. Batteva forte, più forte, fortissimo, Tum tum tum, solo quel suono. Nulla altro intorno potevo udire. Il mare dondolava poco distante e oltrepassava i nostri corpi, inebriandoci. Il mio cuore ti trasmetteva la sorpresa dell’incontro. Non ti ho detto “Ti amo”, so che l’hai sentito quel TI AMO in modo chiaro. Eravamo un tutt’uno con il cielo e con il mare su quella terrazza in quella notte di luna piena. Non eravamo più come “Corda, come rami di rampicante, come navi alla deriva, come sassi bianchi evanescenti, orizzonti lontani” eravamo una emozione che splendeva sulla terra come la luna piena splendeva nel cielo”.

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