DALLA PARTE DI ANDREAS

Dalla parte di Andreàs.
Non so da dove sia iniziato il lento deterioramento della mia vita da adolescente a uomo. So da dove è iniziata la presa di coscienza: la vita era mia e avevo capito che quel ragazzo che amava vivere il mare era ancora dentro di me ed era la purezza e l'ingenuità che avevano evitato che io mi distruggessi. Si fumavo l'erba, niente di più. Non spacciavo, eseguivo degli ordini: 1300 km a salire e 1300 km a scendere una volta alla settimana. Prendevo e scaricavo la merce. Incassavo i soldi e tolta la parte necessaria per vivere, il resto andava alla mia famiglia. Che vita! Comoda, secondo qualcuno invidioso. La solitudine, il preoccuparsi di non avere un recapito telefonico fisso, la paura dei posti di blocco, avventure veloci…Comoda e senza via d'uscita. Ero avvilito quel Natale. Stavo seduto a leggere alcune pagine della Ricerca, di tanto in tanto dalle pagine veniva fuori una foto: io ragazzo con i capelli ricci, raccolti a codino, schiariti dal sole in riva al mare, a tirare la rete…Ed ancora io bambinetto in braccio a mia madre, e poi abbracciato a Leti. La mia Leti, scappata dalla comunità e chissà dov'è finita. Da lì era iniziato il mio incubo. Leti che si faceva ed io portavo la roba con il motorino per procurarle la dose. La mia vita era appena stata sconvolta dalla fuga di mia mamma con un altro uomo. Leti di lì a poco avrebbe iniziato il suo percorso di redenzione in comunità. Io pensavo di non valere null'altro che quello che trasportavo. I soldi mi facevano comodo, erano soldi facili all'inizio. Pensavo a tutte queste cose, tenendole racchiuse nel mio intimo, ma ero brillante nei rapporti fugaci che intrattenevo con tutti, dalla portinaia ai grandi capi che ricevevano la merce. Così quando quella ragazza in apparenza tanto carina, era entrata al McDonald's in cui ero seduto a trascorrere la vigilia di Natale, non avevo esitato a fissarla ed ero rimasto di stucco quando aveva rotto il mappamondo antico. Solo Leo, uno dei miei clienti, avrebbe potuto desiderare una cosa simile. Leo aveva cercato tante volte di farmi fare il salto di qualità, non avevo mai accettato. Stretto nei miei trent'anni non mi sentivo pronto. Non avevo il carattere. L'ho aiutata, era in lacrime e mi raccontava di lei, del regalo e del suo Natale. Un Natale di merda. Nevicava… Regali speciali e io stringevo fra le dita i miei dadi, ultimo ricordo di mia mamma. Sparita con un giocatore d'azzardo. Chissà, le avranno portato fortuna? Sono tornato al mio tavolo, seduto guardavo Tea, si Tea come dire Dea. Mi aveva raccontato di lavorare in una agenzia di viaggi. Ero sicuro che quella roba era per Leo. Quando l'avevo vista parlare con Antonio avevo pensato che si conoscessero per Leo. Antonio era una persona viscida. Non mi era mai piaciuto. Secondo me, di copertura, lavorava come operaio in ditta da Leo, che poi lo usava come autista e gli faceva fare qualche lavoretto. Non se lo filava molto. Antonio era un gran lecca culo. Non aveva mai dimostrato la sua falsità. Appena l'avevo chiamato aveva iniziato ad agitarsi raccontandomi della chiusura dell'aeroporto e del volo, delle sue vacanze in Sicilia, della sua fidanzata. Incredibile gli mancava la sua fidanzata, spendeva tutti gli straordinari per l'amante…Mi diceva del battibecco con Tea, di averla aggredita in quanto, nella sua ignoranza, la credeva responsabile della chiusura dell'aeroporto. Non appena gli ho detto che poteva essere collegata a Leo eccolo lì che faceva il cascamorto con lei. Che uomo! Io non la reggevo più quella vigilia. Antonio mi opprimeva con le sue discussioni, parlava malissimo di Leo definendolo uno spacciatore… un animale feroce con chi non pagava. Non volevo saperne di violenza. Non lo ascoltavo. Parlavo con Tea. Neanche lei credeva alle parole di Antonio. Ci ha letto il suo diario. Povera cucciola. Parlava di amore. Amore? Io non volevo sentire parlare di amore e di violenza, di crudeltà e di Natale. Pensavo già di farmi una canna…Insomma questa qui ha iniziato ad aprire tutti i pacchi e ha preso una bottiglia di rhum especial…La serata stava iniziando a farsi interessante. Antonio non mi flagellava più con i suoi discorsi. Bevevamo e io sono andato a prendere un bel po’ di White Window…Fumo libero…pensavo, ma con circospezione. Tea ha iniziato a cantare e ballare. Antonio ha provato a baciarla. Lo sapevo che sarebbe scattata nuovamente la rissa. Antonio ha quasi messo le mani addosso a Tea e poi a me…Io mi sono difeso e prima che la situazione degenerasse Tea ci ha divisi. Antonio ha minacciato di denunciarmi per i crimini fatti da me: spaccio, associazione a delinquere, detenzione di stupefacenti. Mi prospettava il mio futuro in carcere. Erano immagini che mi avevano solo sfiorato. Il mare, la libertà, la spiaggetta degli aranci. Insisteva su quell'ultima consegna da Leo. Sulla cena. Ma che ci andasse lui da quell'uomo a quella cena. Prima poteva pure essere simpatico per me, adesso no. Tea in tutta questa vicenda era lì a sognare ad occhi aperti Leo, il suo amato amore impossibile. Con tutte le donne che quello aveva, non l'avrebbe mai presa in considerazione…Non volevo essere io a dirglielo. Sospiravo: ero entrato a mangiare un panino, con i miei malesseri interiori. Non ero potuto partire per quell'ultima consegna. Leo mi aveva pregato di passare da lui quella sera. Stavo lì per le feste da solo. Nevicava sempre di più ed ero triste. Antonio mi aveva sconvolto con la narrazione dei veri affari di Leo, Tea mi aveva comunque fatto provare invidia per i suoi sentimenti. Almeno lei ne provava. Io avrei voluto essere felice! Lontano da tutti loro, da questa città. Avevo sempre pensato che bastava essere liberi in testa, sarei stato anche in prigione ma sempre libero con le mie idee. Già ma quali idee? Quelle di quando ero un ragazzo che amava alzarsi la mattina, ancora buio fuori, per andare a pescare o quelle di un uomo senza spina dorsale ad eseguire degli ordini. Destinato a non vivere una vita e rischiando di viverne una dalla parte sbagliata? I miei dadi, mi avevano accompagnato sempre nelle mie decisioni, adesso sentivo che avrebbero potuto non dirmi più nulla o forse sì? Sentivo quei due confabulare su Leo, sulla sua magnificenza e mi dicevo questi sono pazzi. Oppure sono io il pazzo che gli da retta. Sembravano istanti lunghissimi erano solo attimi. Tea mi scuoteva: "giocatela questa decisione. Cambia la tua vita. I dadi sono importanti per te. Allora chiedi a loro se devi andare o no. Se devi andare, a Leo ci pensiamo io ed Antonio. Ti aiuteremo per la copertura, andrai in Sicilia a casa di Antonio per un po’. Se il destino ti dirà di rimanere, io verrò con te e Antonio si dimenticherà delle minacce di prima. Certo dovrai farlo addentrare nella vita di Leo, che del tuo parere si fida!" Antonio mi guardava. Io ho preso i dadi e ho detto "meno di sei rimango, più di sei vado via". Dodici…Dodici. Ero un po’ confuso. Antonio e Tea mi sorridevano come se fossero il Gatto e la Volpe, hanno preso il contenuto del mio zaino e l'hanno passato in una delle buste di Tea. Un regalo per il Dottor Leo Borio, è un dolce. Avrebbero detto così per accedere alla cena. Il maggiordomo li avrebbe fatti entrare e Leo avrebbe ascoltato della mia intenzione di scappare o chissà gli avrebbero raccontato che stavo vendendo il tutto al migliore offerente e loro avevano salvato la merce. Non mi sarebbe più interessato. Ho dato a loro i miei dadi, Antonio li ha messi in tasca. Mi sono seduto e li guardavo andare via. Ho pensato al volto di una donna, mia mamma, alle sue parole e ai suoi tentativi di riconciliazione con me. Non avevo mai ceduto. Mi preparava la colazione quelle notti quando mi alzavo per andare a pesca con mio zio e mi aspettava in spiaggia quando tornavo. Dovresti fare il pescatore, mi diceva, rassicurante. Da lì ho ricominciato, dal mare. Adesso so che sono un uomo e se guardo indietro provo un po’ vergogna per quando non vivevo. Adesso sono un uomo e le mie mani rovinate dal sale sono la mia gioia, la fatica è il mio godere di questa vita e sono vivo. VIVO.

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